I problemi al tendine sono una causa di dolore molto frequente sia in soggetti sportivi, sia in persone con uno stile di vita più sedentario.

Quando ci si trova di fronte ad un problema di natura tendinea, la maggior parte delle volte vengono date indicazioni o effettuati dei trattamenti che non trovano riscontro in letteratura scientifica e che spesso alleviano il dolore ma non vanno a trattare mai completamente la causa.

Vogliamo spiegarvi gli errori più comuni che vengono fatti dalle persone che soffrono di problemi al tendine e quindi tutte quelle credenze o quei falsi miti che potrebbero allungare o tempi di guarigione o addirittura esporci a problematiche ben peggiori.

1) Riposo Completo

Spesso ci si sente dire che bisogna stare fermi, bisogna sospendere l’attività fisica o bisogna evitare di compiere degli sforzi. In realtà è stato ampiamente dimostrato in letteratura che il riposo completo riduce la capacità del tendine di adattarsi al carico andando ad indebolirlo ulteriormente.

È necessario quindi ridurre i carichi, non eliminarli, in modo tale da essere tollerati dal tendine e successivamente bisogna aumentarli in modo graduale.

2) Effettuare Trattamenti Passivi

Quando si è in presenza di un problema al tendine, oltre al riposo, la cosa che viene consigliata più frequentemente dai medici e dagli operatori sanitari è quella di sottoporsi a dei trattamenti farmacologici o fisioterapici.

La maggior parte di questi sono trattamenti passivi, si inizia sempre prendendo dei farmaci antinfiammatori ai quali bisogna associare della fisioterapia, svolta il 90% delle volte con l’utilizzo di macchinari.
Gli ultrasuoni, la tecarterapia, la laserterapia o le elettrostimolazioni sono utili in alcuni casi perché effettivamente permettono di ridurre la sintomatologia dolorosa ma è un effetto a breve termine, stiamo solo nascondendo il problema.

Un beneficio maggiore, tra i trattamenti passivi, lo danno le onde d’urto ma solo se associate al movimento.

Sarebbe più opportuno, quindi, un programma di lavoro attivo basato sull’esercizio terapeutico che prevede un’esposizione graduale al carico in modo da migliorare le capacità di adattamento del tendine.

3) Effettuare Infiltrazioni

Le infiltrazioni appartengono sempre al gruppo dei trattamenti passivi.
Le ricerche scientifiche, ad oggi, non hanno dimostrato alcuna efficacia in merito all’utilizzo delle infiltrazioni per la cura delle tendinopatie.
Lo scopo di questo trattamento, oltre a ridurre il dolore, è quello di favorire la rigenerazione delle fibre tendinee.
Il cortisone, per esempio, è vero che riduce il dolore ma si è dimostrato essere inefficace come cura poiché indebolisce il tendine aumentando addirittura il rischio di rottura.
L’utilizzo di infiltrazioni con PRP (Gel Piastrinico) ha un’evidenza da bassa a moderata, ma ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio l’efficacia.

4) Ignorare il dolore

Il dolore, in fin dei conti, è una cosa positiva perché come un campanello d’allarme si attiva in situazioni di emergenza.
Se l’attività o il movimento che stiamo svolgendo è potenzialmente dannoso, attraverso un sofisticato sistema di trasmissione e di predizione, il nostro cervello invia degli stimoli dolorosi che ci indicano che ciò che stiamo facendo sta sovraccaricando quell’area e che a lungo andare potrebbe arrecare un danno.
Piuttosto che ignorare ciò che il nostro corpo ci vuole dire, la cosa migliore da fare è quella di ridurre i carichi di lavoro (inteso come sforzo fisico o allenamento) ed adattarli in maniera graduale.

5) Fare Stretching

Se sentiamo il bisogno di fare stretching perché i nostri muscoli sono più rigidi, dovete sapere che questo non porta nessun beneficio a livello della lunghezza delle fibre muscolari e tendinee.
Se avvertiamo che il muscolo si presenta più rigido o contratto, sarebbe più opportuno fare un massaggio decontratturante, anche perché lo stretching aumenta le forze compressive che sono dannose per il tendine e che a lungo andare potrebbero anche portarlo ad una rottura.

6) Massaggiare il tendine

Un tendine che fa male è spesso un tendine che fisiologicamente si presenta irritato e infiammato.
Andarlo a massaggiare significa aumentare le forze di frizione che aumentano l’infiammazione e di conseguenza aumentano il dolore e i tempi di recupero.
È molto più utile andare a massaggiare il ventre muscolare per ridurre la tensione a livello delle fibre che esercitano una trazione diretta sul tendine.

7) Preoccuparsi per il risultato delle indagini strumentali

In uno studio pubblicato di recente hanno effettuato 100 risonanze magnetiche a 100 persone sopra i 30 anni senza dolore agli arti inferiori. I risultati sono sorprendenti in quanto in almeno il 45% dei soggetti è stato riscontrato un problema tendineo.

Un tendine che risulta alterato nell’imaging radiologico e che presenta dei cambiamenti a livello strutturale, può comunque tollerare abbastanza bene il carico che gli viene concesso.

In questi casi, quindi, la cosa importante è non preoccuparsi per i referti medici e concentrarsi sulla gestione del carico in modo graduale attraverso un programma di lavoro personalizzato e basato sulle capacità specifiche del tendine.

8) Preoccuparsi per la rottura del tendine

Il dolore è principalmente una protezione in caso di un carico eccessivo.
Come abbiamo detto in precedenza è un campanello d’allarme che ci indica che ciò che stiamo facendo a lungo andare potrebbe arrecare un danno al tendine.

C’è però un dato molto importante che ci deve far riflettere. In diversi studi pubblicati su Pubmed in cui vengono esaminati i dati raccolti da medici, ortopedici, fisioterapisti e fisiatri, la maggior parte delle persone che hanno riportato una rottura completa del tendine, dichiarano di non aver mai avuto nessun tipo di dolore in precedenza. Il dolore quindi non deve preoccuparci e soprattutto bisogna evitare di pensare che maggior dolore equivale a maggiore danno o ad un problema peggiore.

9) Non capire quali carichi siano dolorosi per il tendine

Un sovraccarico funzionale avviene nelle attività che usano il tendine come una molla quindi attività che prevedono salti, cambi di direzione e scatti in corsa. Se il tendine è ben allenato è in grado di gestirli senza nessun problema.
Al contrario, se il tendine non è preparato bene a mantenere quel carico di lavoro, quelle stesse attività possono risultare dolorose. Gestire bene i carichi ci permette di poter continuare a lavorare senza necessità di fermarsi sia nella vita quotidiana sia in ambito sportivo.

Lo svolgimento di esercizi con l’ausilio di pesi opportunamente scelti ed eseguiti lentamente, non determinano un carico eccessivo sul tendine e allo stesso tempo hanno un effetto benefico sui muscoli che in questo modo sviluppano la loro forza, migliorano la resistenza e aumentano la massa.

10) Trovare scorciatoie durante la riabilitazione

Provare ad accorciare i tempi riabilitativi ad esempio utilizzando farmaci antinfiammatori, effettuando delle infiltrazioni o incrementando i carichi troppo velocemente, non funziona perché esistono dei tempi fisiologici che devono essere obbligatoriamente rispettati.

Gestire male una tendinopatia, soprattutto in fase iniziale, non fa altro che allungare i tempi di guarigione.
La letteratura scientifica indica che è necessario un periodo di almeno 12 settimane di esposizione graduale al carico per determinare un cambiamento strutturale nelle fibre tendinee.

Conclusioni

La riabilitazione basata sull’esercizio rappresenta il trattamento d’elezione in caso di tendinopatia e ad oggi è quello che ha una maggiore evidenza scientifica con importanti prove di efficacia.
Un programma di fisioterapia progressivo con esercizi basati sul miglioramento della resistenza e della forza, servirà a dosare correttamente i carichi tendinei.
Tutto questo significa avere risultati migliori a lungo termine e soprattutto evitare l’insorgenza di recidive.
Questo è il motivo per cui la nostra struttura prende il nome di CLINICA DEL MOVIMENTO.

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